Al termine di ogni presentazione del libro, c’è sempre qualcuno che mi aspetta e quasi sottovoce mi dice “ti devo raccontare una storia”. Mi fermo leggendo nello sguardo l’urgenza delle parole, capisco che il racconto abbia fatto saltare il lucchetto che teneva chiuse le emozioni. Mi parlano, liberandosi come di un segreto, di quel fratello, dell’amica, di un parente lontano, di un conoscente, malato di Aids.